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Agricoltura sostenibile vs agricoltura tradizionale: qual è la migliore?

Pubblicato il 04-07-2018
da Vincenzo Abate
Categorie:
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agricoltura sostenibile

Uno degli errori più comuni quando si discute del settore agricolo è fare di tutta l’erba un fascio. Con il termine “agricoltura”, infatti, non s’intende una sola realtà. Con questa parola trovano posto tutta una serie di fattori e di tipologie differenti della lavorazione della terra e dei suoi frutti. Oggi vogliamo parlare proprio di una di queste sottocategorie che compongono la totalità del settore: l’agricoltura sostenibile.

Che cos’è l’agricoltura sostenibile?

Con la dicitura agricoltura sostenibile s’intende quel tipo di produzione agricola che tiene presente diversi aspetti, con un occhio di riguardo all’aspetto etico dell’attività. Questo tipo di agricoltura punta a privilegiare i processi naturali che non intaccano il territorio, distanziandosi così dal concetto di agricoltura intensiva che, con il suo utilizzo di sostanze chimiche potenzialmente molto dannose, si pone all’opposto come visione d’insieme.

Quella che viene definita agricoltura sostenibile è in realtà un tipo di produzione di tipo conservatrice, nel senso che essa mira a conservare diversi aspetti: la salute del produttore, la fertilità del terreno, la conservazione delle risorse ambientali. Un modello di agricoltura che, nel suo essere (paradossale rispetto al concetto di conservatrice) progressista, si spinge verso orizzonti morali ben definiti.

Chi si mette in pratica questo tipo di agricoltura può garantire prodotti di alta qualità, la totale assenza di sostanze chimiche e un’assoluta garanzia per l’aspetto salutistico, sia del produttore che del consumatore. In un’epoca come questa, in cui sempre più persone ricercano la totale genuinità dei prodotti, l’agricoltura sostenibile rappresenta una scelta perfettamente adeguata. E bisogna anche mettere in conto che essa garantisce anche dei vantaggi economici da non sottovalutare.

Agricoltura sostenibile vs agricoltura tradizionale

Se proprio volessimo definire la disparità tra agricoltura tradizionale e agricoltura sostenibile, potremmo dire che tra di esse vi è una difformità di tipo “politico”. Se l’agricoltura tradizionale mira tendenzialmente a promuovere le monocolture, l’agricoltura sostenibile tende invece a promuovere in maniera netta le differenze, muovendosi dunque verso un orizzonte composto dal rispetto delle biodiversità.

Secondo quanto riportato di recente da un’analisi del settore, pare proprio che l’agricoltura sostenibile garantisca molti più vantaggi rispetto a quella tradizionale. Le differenze tra entrambi i modelli sono tante, di cui quelle che risaltano più all’occhio riguardano in particolar modo la qualità dei prodotti e l’aspetto economico delle diverse lavorazioni.

Al di là di quelle che possono essere gli aspetti più materiali e “meno nobili”, l’agricoltura sostenibile si distingue da quella tradizionale per il rispetto verso le biodiversità e anche per la domanda della popolazione mondiale (in particolar modo, nei Paesi in via di sviluppo).

Nonostante queste nobili intenzioni di partenza, vi sono ancora diverse difficoltà per i prodotti sostenibili che (secondo una recente ricerca di Agri2000) non sono facili da trovare negli scaffali dei supermercati a causa di una mancanza di indicazioni chiare sulla provenienza.

agricoltura sostenibile in italia

L’immagine è di proprietà de La Repubblica. 

Qual è la forma migliore?

Si può dunque davvero far pendere la bilancia verso l’una o l’altra versione della produzione agroalimentare? Al di là di quelle che possono essere le opinioni personali, e riprendendo quanto accennato in precedenza, si può azzardare a dire che l’agricoltura sostenibile si presente come molto più rispettosa verso quei processi naturali che caratterizzano il territorio, l’ambiente e l’ecosistema.

Nel paragrafo precedente abbiamo accennato anche alla sfera sociale, anch’essa basilare nel concetto stesso di agricoltura sostenibile. Questo modello di produzione agricola mira a dare una risposta alla richiesta alimentare di tutto il mondo, in particolar modo nei Paesi in via di sviluppo.

Non cercheremo quindi di dare risposte definitive su questo confronto, di modo che sia il lettore a fornire una sua opinione in merito. Quello che può essere detto, senza il pericolo di far torto a chicchessia, è che l’agricoltura sostenibile si caratterizza per una decisa ricerca del rispetto per l’ambiente, per la natura, per il terreno da lavorare.

I vantaggi dell’agricoltura sostenibile

La forma di agricoltura che possiamo definire con il termine sostenibile si basa, in un certo senso, su un forte senso etico. Tutti i produttori che si trovano a lavorare secondo questa tipologia di produzione agricola devono attenersi ai dettami del settore.

L’agricoltura sostenibile tende alla concretizzazione di una notevole serie di vantaggi:

  • Massima attenzione e rispetto per le biodiversità.
  • Miglioramento di vita del produttore.
  • Garantire ai produttori delle nuove opportunità di mercato.
  • Razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse.
  • Portare avanti politiche di sviluppo in zone rurali e svantaggiate.
  • Lotta allo sfruttamento, in particolare dei minori nelle zone più povere.
  • Ricerca di nuovi modelli economici che possano sostituire quello attuale.
  • Rifiuto di utilizzare fertilizzanti chimici.
  • Apertura verso l’innovazione tecnologica all’interno del settore.
  • Una totale vicinanza verso le reali esigenze dei consumatori.

I 7 principi di Greenpeace

Un modello di agricoltura che rispetti l’ambiente e che, in aggiunta, sia anche in grado di garantire la salute e la salvaguardia del produttore. Nel 2015 è stato redatto un rapporto di Greenpeace International che definiva, in maniera netta, come potesse essere possibile un’agricoltura in grado di legare l’innovazione con il rispetto per l’ambiente.

Di seguito elenchiamo le 7 proposte descritte dal rapporto “Agricoltura sostenibile: sette principi per un nuovo modello che metta al centro le persone”:

  1. Restituire il controllo sulla filiera alimentare a produttori e consumatori, togliendolo dunque dalle mani delle multinazionali.
  2. Lotta alla fame. L’agricoltura sostenibile come arma per combattere la fame e la povertà, garantendo alle comunità rurali la disponibilità di alimenti sani ed economicamente sostenibili.
  3. Lottare contro gli sprechi alimentari, garantire la sicurezza dei prodotti.
  4. Difendere le biodiversità lungo tutta la filiera, dal seme al piatto, educando al consumo.
  5. Protezione del suolo mediante l’eliminazione di tutte quelle pratiche che possono essere nocive per i prodotti e per il terreno stesso.
  6. Permettere agli agricoltori di difendere il territorio con pratiche di protezione (già esistenti) in cui non sono previsti pesticidi chimici, avendo così cura delle risorse idriche e degli ecosistemi oltre che della salute di agricoltori e consumatori.
  7. Fare in modo che l’agricoltura possa adattarsi e resistere in una società in cui i cambiamenti climatici e l’instabilità economica la fanno da padroni.

È possibile leggere e/o scaricare il rapporto completo di Greenpeace cliccando su questo link.

In conclusione

L’agricoltura sostenibile rappresenta, così come quella biologica, una sorta di rivoluzione all’interno del settore agricolo. Questa visione progressista e genuina definisce un taglio con una tradizione troppo spesso legata all’utilizzo di elementi che stanno al di fuori di ogni processo naturale.

Un altro volto del settore agricolo italiano, sempre più variegato a seconda della zona e delle tradizioni locali.

(Visitato 3.259 volte, 1 visite oggi)
  • agricoltura sostenibile
  • agricoltura tradizionale

Vincenzo Abate

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