Xylella fastisiosa. Il batterio avanza, il frantoio Olitauro resiste

Italia, Puglia, Salento:la presenza di Xylella fastidiosa è stata segnalata ufficialmente nel 2013, quando a Gallipoli le maestose chiome degli ulivi sempreverdi iniziavano a macchiarsi di grigio e seccume.
Siamo nel 2020 e la situazione non è migliorata, anzi il batterio continua a espandersi, le campagne del Salento sono ormai stanche. E purtroppo oltre all’inaccettabile sensazione di impotenza di produttori e trasformatori in campo olivicolo, le produzioni diminuiscono e le realtà più piccole sopravvivono inventando da sé strade alternative. Ciò che resta oltre allo sconforto, sono le tradizioni e la fiducia nella Natura, la speranza di ritornare a veder vivere questi meravigliosi alberi: gli ulivi.
Siamo a Campi Salentina, cittadina del Salento che come altre realtà del tacco è stata travolta dal batterio Xylella. Qualsiasi strada si percorra, nelle Terre d’Arneo, si è accompagnati nel viaggio da migliaia di maestosi ulivi. La malattia è arrivata anche qui a Campi e gli effetti sempre più evidenti sono cambiamenti di tipo paesaggistico ma anche produttivo ed economico. Eleonora è studentessa di Agraria presso l’università di Bari. Olitauro è un’azienda olivicola. Entrambe nascono a Campi e hanno una storia in comune: il nonno di Eleonora ha dato vita all’azienda e al frantoio. Sarà lei a raccontarci dell’attività di famiglia e delle difficoltà che si ritrovano ad affrontare.
- Eleonora, quando nasce il frantoio e l’idea dell’Azienda Agricola Olitauro?
Il frantoio oleario nasce nel 1967 con mio nonno, nel 2004 invece viene costituita l’azienda agricola Olitauro. È sempre stata una piccola azienda a conduzione familiare. Adesso il titolare è mio padre, Tommaso Tauro, io e mio fratello diamo una mano. Mi piace pensare che il frantoio nasca come servizio alla comunità, infatti lavoriamo anche come conto terzi tutt’ora. È sempre stato un luogo di incontro di persone diverse, unite dallo stesso bisogno, ovvero produrre olio.
- Cosa ricordi di quando eri bambina?
Quando ero bambina il frantoio era sotto casa, in un quartiere periferico, solo dopo è stato trasferito nell’attuale sede. Ricordo l’odore dell’olio che arrivava fin su nell’appartamento. Passavo interi pomeriggi in frantoio insieme al nonno e vagavo orgogliosa. Controllavo che tutto andasse come mio padre e il nonno volevano: sapevo bene quanto ci tenessero che tutto fosse in ordine e perfetto. Io in qualche modo attratta da quel via vai di gente e dai macchinari in funzione, sorvegliavo l’intero processo di trasformazione, con occhi stupiti di bambina che vede l’oliva diventare oro liquido.
- C’è un episodio in particolare che vuoi raccontarci?
Il ricordo più lucido è la fila di macchine che veniva a formarsi per accedere al frantoio. C’era gente che trascorreva l’intera notte in fila per poter essere tra i primi scaricare e molire le olive. Per me che ero solo una bambina sembrava assurdo assistere a quest’evento.
- Adesso cosa è cambiato?
La fila di macchine non c’è più. La realtà provinciale è cambiata. L’abbandono delle campagne si è visto notevolmente, infatti credo manchi quello scambio generazionale da nonno in nipote, purtroppo questo è un passaggio che oggi si salta. Per noi come azienda di trasformazione è stato evidente: la lavorazione per conto terzi è diminuita di parecchio, ma anche per la nostra produzione c’è stato un forte calo.
- Parlaci del tuo uliveto
Nel nostro uliveto sono presenti alberi di Cellina di Nardò ormai quasi completamente secchi, abbiamo poi la varietà Leccino (albero meno suscettibile alla malattia) dalla quale otteniamo un olio fruttato, dal colore giallo dorato con sfumature verdoline. Il suo sapore non è particolarmente spiccato, ma conserva comunque note piccanti e amarognole. Infine, la varietà Coratina dalla quale otteniamo l’EVO di Coratina, un olio molto particolare dal sapore intenso e deciso, molto piccante e amaro, e che sta conquistando il palato degli intenditori.
- Fai riferimento al batterio Xylella? Come ha influito sul vostro lavoro?
Si, dal 2010 quando sono comparsi i primi sintomi, le nostre campagne hanno le sembianze di un cimitero. È da allora che è diventato sempre più evidente che la situazione poteva diventare pericolosa, eppure non sono state prese le misure necessarie per agire celermente. Nel nostro piccolo siamo comunque riusciti ad avere la nostra produzione, ma è difficile. Gli effetti devastanti del batterio si sono visti in modo evidente e quasi irreversibile tra il settembre 2018 e l’anno successivo, il disseccamento è aumentato molto. Quello che cerchiamo di fare è riunire le forze e allearci: abbiamo iniziato a chiedere aiuto a quei produttori che hanno ulivi in zone dove il batterio non ha ancora colpito, come ad esempio nel tarantino e nella zona di Castellana Grotte, dove anche noi al tempo di mio nonno avevamo dei terreni. Ed è anche grazie a questi produttori, dai quali avviene l’acquisto di materie prime dopo un accurato controllo, perché l’attenzione e la cura delle materie prime è sempre stato il nostro punto di forza, che abbiamo potuto mantenere attiva la produzione del frantoio. In ogni caso noi confidiamo nella ricerca e in tutti coloro che stanno cercando di trovare delle soluzioni per salvare l’economia di settore e questo territorio.
A questo proposito, c’è una recentissima novità: una start up milanese sembra abbia trovato una soluzione con la terapia criogenica (utilizzo di basse temperature per debellare il batterio). Dalle informazioni che ho potuto raccogliere, sembra possa essere una soluzione. Le fonti sono serie e a livello scientifico è assolutamente possibile che portando l’albero a -50 °C esterni, i vasi capillari interni arrivino a -4/-5 °C e si riesca a eliminare il batterio. Dai miei studi so che la termoterapia si usa anche per le orticole.
Nell’esperienza di laboratorio e ricerca ha funzionato, però questa volta parliamo di esseri più complessi come gli ulivi secolari. Ripongo piena fiducia nelle persone che stanno cercando di aiutarci e spero che tutto ciò si possa attuare quanto prima.
- Eleonora, secondo te cosa si sarebbe potuto fare per aiutare voi produttori? Credi ci siano stati e ci sono ancora interessi a non risolvere il problema?
Sicuramente maggior chiarezza e informazione avrebbero aiutato a essere pronti a reagire in modo più consapevole e previdente; perché ad essere sincera tra i produttori c’è sempre stata grande confusione. Inoltre credo che se ci si fosse attivati ancor prima, quando il batterio non era così diffuso, si sarebbe potuto limitare il danno. L’Unione Europea ha poi stanziato dei fondi non sufficienti a coprire le spese di lavorazione (e morali) per l’abbattimento e l’eradicazione degli ulivi secolari infetti. Mi chiedo solo quanti alberi verdi in più avremmo oggi, se tutto questo interesse fosse emerso prima, quando la parola emergenza non era ancora associata all’olivicoltura salentina. Non credo alle idee complottiste; sono certa che nel passato si è fatto di tutto, anche se inconsapevolmente, per distruggere il complesso ecosistema agrario e il suo funzionamento. Siamo stati noi a rendere i nostri terreni deboli con l’uso incontrollato di pesticidi e prodotti di sintesi, permettendo a batteri e patogeni di giovare di queste pessime condizioni pedologiche. Infine, se fossimo stati una regione più unita da Foggia a Lecce e avessimo imparato a cooperare, probabilmente avremmo anche saputo gestire meglio il problema.
- Progetti futuri?
Come azienda stiamo affrontando un forte cambiamento, dobbiamo trovare un canale che ci permetta di ammortizzare le spese che non sempre riusciamo a coprire con la vendita del nostro olio. Abbiamo pensato di provare a differenziare i prodotti e a coltivare ortaggi, offrendo anche una vendita a Km0. Inoltre un investimento è quello di continuare a migliorare e ampliare il nostro impianto di ulivi, cercando di puntare sulla cura e sugli alberi ancora in forza. Molto interessanti sono gli scenari che si aprono con il nuovo disciplinare IGP, chissà se non si riuscirà a produrlo nei prossimi anni.
- Perché comprare l’olio Evo Olitauro e quali sono i tuoi consigli per gustarlo al meglio?
Il motto di famiglia è “il miglior modo per gustare il nostro olio è al naturale” e noi intendiamo su una bella frisella. Il nostro punto di forza rimane un’accurata attenzione di tutti i passaggi che portano ad avere un olio di qualità: dalla raccolta fino all’imbottigliamento.
Credo che anche qui nel Salento, grande produttore di olio, ci sia ancora molto da fare per quanto riguarda l’educazione in campo alimentare: rendere consapevoli i consumatori fin da bambini di ciò che è un prodotto di qualità, è qualcosa su cui ancora si progetta poco.