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Vini Petracavallo: il Vino lo fai in Vigna e questo dà equilibrio a tutta la storia

Pubblicato il 09-03-2017
da Luigi Spina
Categorie:
  • Esperienze
  • Produzioni Locali
  • Puglia
  • Territori
  • Vino

Per raccontare una storia bisogna appropriarsene, lasciar sedimentare i pensieri, permettere alle parole di maturare per non  esser banali. La capacità di immedesimarsi è direttamente legata all’esperienza, al contatto diretto con il mondo che si vuole narrare, e questo è lo spirito di Wetipico: condividere l’esperienza per farla diventare patrimonio comune.

Quella  che vi vogliamo raccontare è una storia legata alla terra di Puglia. Una storia di appartenenza, di partenze e di ritorni. Piccoli gesti che ricostruiscono uno speciale mosaico che ricomponendosi mette in  luce la rappresentazione perfetta dell’equilibrio che può esistere tra uomo  e territorio. Il territorio diviene chiave di svolta e unico promotore del sogno di Vito d’Onghia e della sua Petracavallo. I filari della sua vigna, nella tranquillità di una giornata di sole, sono lì  a premonire il successo di chi ha scommesso tutto nel futuro  di una terra vocata all’agricoltura e interprete di usi millenari.

Il paese di Mottola, la spia dello Jonio, ci osserva acquattata su un cucuzzolo e forse già paragona questo suo concittadino a uno di quelli che millenni prima le viti le ha piantate, e in cuor suo gioisce perché rivede l’orgoglio di chi con il suo lavoro vuole raccontarla.

Non ha ancora trent’anni, ma di cose da raccontare ne ha parecchie. Un viaggio – biglietto di sola andata per l’Australia – lo cambia: vive due anni  nel continente facendo esperienza. Due mesi si ferma per lavorare e due mesi si muove in camper alla scoperta di un paese bellissimo. Quest’esperienza lo forma, lo sagoma, lo arricchisce e soprattutto scatena in lui la voglia di un ritorno, perché il richiamo delle origini non lo puoi ignorare, con l’idea di far scoprire la sua terra anche agli altri, perché forse anche lui può  far rivivere quel viaggio che egli stesso ha sperimentato.

Ha tante idee in mente, questi pensieri si sovrappongono, con un’unica costante: vuole fare qualcosa che gli consenta di valorizzare il suo territorio. “Sono stato fortunato, perché grazie a mio padre avevo qualcosa da cui poter partire”, ci dice orgoglioso mentre passeggiamo lungo i filari della sua vigna incastonata in una semipianura interrotta dal bianco della Masseria San Francesco. Un’antica tenuta, posizionata lungo il Tratturo che anticamente da Martina Franca portava a Matera per arrivare fino al salernitano, testimone di alcuni mutamenti storici che l’hanno vista protagonista nel passaggio del Santo d’Assisi durante il viaggio di ritorno dall’Egitto. A metà dell’Ottocento, dopo secoli in cui era stata nella disponibilità dei Padri Conventuali, la Masseria che fino a quel momento era conosciuta con il nome di Petra Cavallo, divenne San Francesco e al suo interno venne costruita una cappella dedicata al frate di Assisi.

 

Da qui il nome dei  vini Petracavallo, che divengono ponte  ideale tra un grande passato e un futuro di avanguardia per un territorio come quello di Mottola.

Fare vino per Vito vuol dire prima di tutto trattare la terra con assoluto rispetto: tecniche di sovescio che rendono in terreno “vivo” e non utilizzo di pesticidi le sue parole d’ordine: “Sono diversi anni che coltiviamo la nostra terra senza far ricorso a pesticidi o chimica varia, perché penso che il vino debba essere prodotto naturalmente. Il vino lo fai in vigna, dentro la cantina estrai solo il liquido. E’ vero, il nostro vino non è stabilizzato e si gode appieno nel primo anno di vita, ma avevo voglia di far assaggiare a chi veniva a trovarmi un prodotto originale che non è stato filtrato né chiarificato. Questo ovviamente comporta dei rischi, ma la mia filosofia, e quindi anche quella della mia cantina, è quella di rispecchiare il territorio. Il vino è un mezzo, un bene per la collettività. D’altronde, al di là di quel che prevedono i disciplinari, il vino per millenni si è fatto in maniera naturale e ogni anno non è mai stato uguale all’altro”. Il suo racconto si fa più intenso quando ci parla di come l’anno prima ha fatto il Rosato: “abbiamo messo a macerare le bucce della nostra uva rossa, appena raccolta su viti a spalliera di Negroamaro; normalmente queste rimangono in immersione per dodici ore, poi le tiriamo su per dar vita al Rosato. Bene, l’anno scorso le abbiamo lasciate macerare per qualche ora in più e il Rosato che ne è venuto fuori era un vino che si lasciava godere, ma molto più vicino al Rosso”.  A noi di Altragamma, piace ricordare questo vino con il nome di “Rossato”.

La storia di ogni suo vino è raccontata al “Bevitore” direttamente sull’etichetta. Con dovizia di particolari il vignaiolo accompagna chi degusta questi vini in un percorso che diventa antropologico, alla scoperta di gesti semplici e autentici.

 

Ma a Vito D’Onghia non basta fare il vino. Il vino è il collante di tutta la storia, il collegamento con un territorio che è tutto da scoprire. L’ambasciatore di un mood che al centro custodisce secoli di tradizioni. Ci regala un aneddoto legato ad alcuni amici australiani che vogliono visitare l’Italia: hanno preventivato un percorso – Venezia, Roma e le campagne Toscane – ma Vito riesce a convincerli a fare una deviazione a Mottola. E qui la storia si arricchisce con i colori del territorio. Rimangono con lui per il tempo della vendemmia, raccolgono l’uva, sperimentano l’arte di fare il vino con Vito e la pasta fresca con la nonna, fanno escursioni con guide locali alla scoperta del territorio delle gravine. In questo ensemble tutto il progetto di Vito D’onghia che si coniuga perfettamente con la visione del nostro Blog.

Ci accoglie nella sua cantina, il luogo dove le sue botti in acciaio custodiscono i vini Petracavallo. Un ambiente semplice, muri bianchi come tradizione pugliese richiede, che ispira calma e prepara alla degustazione: una bottiglia del suo rosso, , Primitivo 2015, ci aspetta.  Visitiamo la Masseria e mentre parliamo della sua esperienza , con calice in mano, ci muoviamo verso Mottola. La degustazione di questo vino originale si miscela con il sapore secco dei taralli, appena presi da un produttore locale, entrambi ambasciatori dello stile originale di questa terra: insieme si fondono, a loro volta, con le proposte del territorio, in maniera autentica, senza finzioni di sorta. La guida, Vita Maria dell’ufficio turistico di Mottola, ci riporta indietro di centinaia di anni quando ci descrive la storia della chiesa rupestre che abbiamo, intanto, raggiunto. Intitolata a San Nicola, proietta i visitatori in una dimensione che viaggia nei secoli attraversando dominazioni e sovrapponendo stili fusi in una chiesa unica nel suo genere. Scendendo  verso il fondo della gravina, il viaggio si fa reale, verso un mondo tanto sconosciuto quanto affascinante.

 

 

Un’esperienza e una proposta davvero straordinaria quella di Vito D’Onghia. Il coraggio non gli manca e con tanta determinazione mira a costruire una rete locale di eccellenze del territorio. Un avamposto solido che faccia vivere a chi verrà a trovarlo un’esperienza unica. Un mix di saper fare, saper raccontare, saper proporre l’essenza di un territorio che, nella sua genuinità, non ha nulla da invidiare alle mete più note della Puglia e anche italiane. I progetti per il futuro sono tanti: la ristrutturazione degli stabili che ospiteranno la nuova cantina, un punto vendita per vendere direttamente i prodotti della sua terra, l’impianto della canapa e tanto altro che, osiamo dire, fermenta nella sua mente.

Di una cosa siamo certi che presto lo torneremo a trovare e, come noi, ci auguriamo facciano tanti altri

Grazie Vito, grazie Petracavallo, grazie Mottola!

 

 

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Luigi Spina

Founder del progetto WeTipico, Laurea in Economia Aziendale, figlio di un piccolo imprenditore agricolo ed ex-manager in una multinazionale, scrive per passione. Ama raccontare le storie delle persone che vivono il territorio, con la convinzione che condividere esperienza è il primo passo verso un nuovo modello di relazione ispirata alla trasparenza.

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