Tutta la complessità della “Piemontese”

Il Piemonte è l’Eldorado per l’avventore più esigente: può soddisfare palati raffinati e riempiere gli occhi con paesaggi mozzafiato. Ma oggi la nostra attenzione andrà verso quelli interessati alla nobile tradizione culinaria piemontese, una cucina che evolve sempre, ma che mantiene un forte legame con il territorio. Siamo sicuri che tutti gli amanti della buona carne abbiano sentito parlare del gran bollito misto, del leggendario vitello tonnato e della prelibata battuta di fassone piemontese.
Ma vi siete mai chiesti che cos’è il Fassone Piemontese?
Qui noi vi parleremo brevemente della storia, delle caratteristiche più importanti di questo maestoso animale, della qualità unica della sua carne e dei relativi piatti celebri.
Quella Piemontese è una tra le principali razze da carne italiane. Nel 1886, nel piccolo comune di Guarene d’Alba, in provincia di Cuneo, per la prima volta, da un mutamento spontaneo, nasce un toro con enormi natiche e cosce muscolosissime, detto «groppa di cavallo» o «groppa doppia», a causa dell’ipertrofia muscolare del Fassone Piemontese.
In questi 150 anni, la razza piemontese si è evoluta dall’utilizzo come animale da traino nei campi, ad allevamento di vacche da latte e infine oggi, esclusivamente per la produzione di carne di altissima qualità. Questo bovino presenta una buona adattabilità all’allevamento in zone a diversa altimetria, dalla pianura ai pascoli d’alta quota, inoltre ha un’elevata resa al macello. La sua carne è magra, povera di tendini e di grasso ma nello stesso tempo sapida e gustosa. L’ossatura fine consente inoltre un maggior numero di tagli pregiati rispetto ad altre razze.
Negli anni 80-90, si è registrata una forte diminuzione di numero dei capi dovuta al fatto che allevare vacche da latte era molto più vantaggioso dal punto di vista economico e soprattutto perché molti allevamenti locali di piccole dimensioni non riuscivano ad affrontare la politica sempre più aggressiva dei grandi importatori di carne e bestiame, a cui hanno dovuto arrendersi. In quegli anni il mercato premiava sempre di più l’industrializzazione dell’allevamento e tanti allevatori non sentendosi tutelati hanno cambiato genere di attività.
Ma oggi la situazione è progressivamente cambiata, grazie soprattutto alle azioni promozionali a livello nazionale e internazionale che hanno contribuito a far riscoprire i pregi e i vantaggi di una razza bovina totalmente allevata in loco, della quale è possibile conoscere tutta la filiera e valutarne le diverse fasi del processo produttivo, una razza inoltre, che viene allevata in stretta relazione con il territorio, da cui proviene la maggior parte degli alimenti con cui è nutrita. La maggior parte degli allevamenti sono a conduzione familiare (questo significa che le competenze tecniche dei nostri allevatori sono complete su tutti gli aspetti relativi all’allevamento) e quasi tutti mantengono la linea vacca-vitello, ossia ogni capo dì bestiame nasce e viene allevato in azienda, tranne nelle aziende agricole specializzate nell’ingrasso che costituiscono il 10% di quelle dove i vitelli vengono acquistati e ingrassati. Da evidenziare è anche il fatto che oggi si calcola che solo 6% della carne consumata nel nostro paese abbia un’origine con tali requisiti, secondo i dati forniti dal Consorzio di Tutela della Razza Piemontese (“Oro Rosso”, Guida della Piemontese, 2017).
I bovini di razza Piemontese vengono allevati soprattutto nella pianura delle province di Torino, Cuneo e Alessandria, nella regione collinare del Monferrato e delle Langhe e in buona parte delle Prealpi. Negli ultimi anni, lo sviluppo maggiore si è verificato in pianura per la facilità di coltivazione, la fertilità dei terreni e l’abbondante acqua di irrigazione proveniente dal sottosuolo: qui vengono coltivati i cereali (in particolare mais e orzo) e le piante foraggere (fieni di prati polifiti) che sono infatti la base delle razioni alimentari di questi animali.
Per poter competere sul mercato, vari allevatori si riuniscono in diverse cooperative, associazioni e consorzi di allevatori della Razza Piemontese. In questo modo i produttori possono vendere direttamente la loro carne ai consumatori a prezzi di mercato e avere delle tutele che al singolo produttore mancano. Ad oggi sul territorio abbiamo il Consorzio di Tutela della Razza Piemontese Coalvi, che unisce circa 1500 aziende agricole del territorio, si occupa della certificazione della carne di Razza Piemontese attraverso l’etichettatura elettronica ed ha come scopo principale tutelare i produttori e diffondere la cultura della carne. Negli anni il consorzio è riuscito anche a ottenere il riconoscimento dell’“Identificazione Geografica Protetta”, meglio nota con la sigla IGP, con la denominazione “Vitelloni piemontesi della coscia”. Con questa sigla sono identificati solo i bovini iscritti nel Libro Genealogico, tenuto dall’Anaborapi che si occupa della selezione genetica, del miglioramento genetico e dello sviluppo della Razza Piemontese.
In questo senso, menzioniamo anche Slow Food che ha creato un presidio interamente dedicato alla Piemontese e attraverso l’Associazione La Granda, che riunisce circa 80 allevatori, svolge un’attività di valorizzazione e commercializzazione in tutto il mondo.
Ma adesso che sappiamo da dove arriva il fassone, come e dove viene allevato, parliamo della qualità eccezionale di questa carne, una delle migliori in Italia: essa ha il giusto tenore di grasso intramuscolare che la rende magra, ma particolarmente gustosa e ricca di accidi grassi insaturi, omega-3 e omega-6, per non parlare del tasso di colesterolo molto basso.
Per gustarla al meglio vi consigliamo un piatto semplice, che non a caso appartiene solo alla tradizione piemontese: la carne cruda battuta al coltello che nel periodo autunnale potete assaporare nelle Langhe con una grattugiata del prelibato tartufo bianco, o nelle zone di montagna nei periodi più freddi con l’aggiunta di tuorlo d’uovo crudo, oppure nel modo più semplice e buono, cioè semplicemente condita con olio extravergine, sale e pepe.